Le zone

il Portus Julius

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La costruzione del Portus Iulius, fu voluta nella zona tra l’Averno e il Lucrino dal collaboratore di Ottaviano M. Vipsiano Agrippa, nel 37 a.C., nel quadro di uno scontro navale contro Sesto Pompeo che aveva il dominio dei mari. I lavori della realizzazione e le relative infrastrutture furono affidati all’architetto Cocceio. Nell’antichità  il porto era difeso da una stretta e lunga diga, gettata sulla spiaggia, che partiva dalla Punta dell’Epitaffio e si congiungeva alla punta Caruso, sulla quale passava la Via Herculanea. Nella diga si apriva un canale che permetteva l’entrata delle navi nel bacino del Lucrino e da qui, con un’altro canale scavato nella roccia, nel lago d’Averno. La vita militare di questo porto fu breve, a causa dell’insabbiamento, poiché già nel 12 a.C., la flotta militare fu spostata nel vicino bacino naturale di Miseno e il porto venne riconvertito a scopo civile.
La zona, dopo la parentesi militare, ritorna ad essere un luogo sacro delle divinità infernali e alle cure termali, nonché luogo di lussuose residenze.
Le infrastrutture portuali, nei secoli successivi sono legate al destino del bradisismo. Cassiodoro ci informa, che alla fine del V secolo, la diga foranea del porto che discendeva fu distrutta. Nei secoli successivi si ha la completa scomparsa sott’acqua della diga e di tutte le strutture antiche, tanto che il Lucrino si unificò con il mare. In un documento del 1503, a proposito di alcuni movimenti di bradisismo, il De Iorio scriveva: “il mare si seccò portando fuori alcune “pilae”. Il fenomeno di sollevamento della costa continuò fino all’eruzione di Monte Nuovo avvenuto il 29 settembre del 1538 che determinò la scomparsa del villaggio di Tripergole e ridusse il lago Lucrino a poco più di uno stagno.
Del Portus Iulius si iniziò a riparlarne alla fine dell’ultimo conflitto mondiale, grazie alla fotografia aerea e alle prime foto effettuate dal pilota, nonché subacqueo, R. Bucher, le quali mettevano in risalto la topografia del grande complesso portuale che si estende su una superficie di circa dieci ettari. La fotografia aerea ha avuto il merito di sensibilizzare studiosi e Soprintendenza, quest'ultima, in seguito alle immagini aeree, ha emesso i primi provvedimenti di tutela avviando alcune campagne subacquee finalizzate sia al rilievo diretto sia allo studio del grande complesso portuale.
Il rilievo e lo studio diretto delle strutture, per il momento, ha interessato solo la parte Est del complesso e più precisamente la parte antistante il “Lido Augusto” che consistono in edifici adibiti a magazzini con muratura in opera reticolata che si elevano da pochi centimetri fino ad un metro circa, con affaccio su una corte centrale; casa  padronale con peristilio di colonne in laterizi, posta nel lato Ovest dei magazzini. La stragrande maggioranza del  complesso, purtroppo, non è stato ancora oggetto di rilievo,  tutte le elaborazioni grafiche sono state ricavate da foto-interpretazioni. La scarsezza dei mezzi finanziari della Soprintendenza, il limitato numero di archeologi subacquei, il disinteresse delle autorità locali, non ha permesso fino ad oggi la continuazione dei rilievi diretti. Certo, il lavoro è enorme, ma la competenza e le capacità dei nuovi archeologi subacquei, riuscirà a dare quella spinta necessaria e a trovare quelle risorse che permetteranno di completare, in pochi anni, lo studio diretto e il lavoro grafico-topografico del Portus Julius.


La Villa dei Pisoni

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La villa di Baia sommersa, identificata poi come quella dei Pisoni, era già conosciuta da fotografie aeree, d'altronde come tutte le altre strutture sommerse costiere. Il padre dell'archeologia subacquea, prof. Nino Lamboglia, la evidenziò e la posizionò, alla fine degli anni '60, a circa 150 mt. a sud-est al largo di Punta Epitaffio. Per avere un rilievo grafico e topografico di dettaglio, bisogna aspettare alla fine degli anni '80, grazie ad un gruppo di volontari del Centro Campano di Archeologia Subacquea, il quale individuò anche una fistula plumbea con il bollo di Lucio Pisone, che determinò l'appartenenza del complesso alla potente e ricca famiglia che congiurò contro l'imperatore Nerone e, per questo motivo, il complesso passò al demanio imperiale. 
La villa, sorta agli inizi del I sec. d.C., ristrutturata nel corso del I e del II sec., si sviluppa intorno ad una corte centrale a pianta rettangolare di mt 95 x 65 circa, orientata con il lato lungo NW-Se, destinata a giardino, mentre tutto il complesso residenziale che contorna la corte con portici, occupa una superficie complessiva di mt. 120 x 160.
La villa era fornita di bacini di approdo ed era protetta dai venti di scirocco da una serie di pilae a doppia fila. Come tutte le ville marittime della zona, aveva delle peschiere per l'allevamento del pesce. Un primo tratto del percorso di Baia sommersa, è stato realizzato dalla Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta nella parte più significativa della villa. Parte da un primo pannello esplicativo (1), posto su un supporto cementizio, e con una sagola guida, percorre la facciata nord, corrispondente al tratto (1-5) della pianta. Il numero 6 del percorso, è prossimo al complesso delle terme, mentre il n. 7 è vicino alla fontana. Il percorso (7-12) corrisponde al corridoio absidato interno, infine i numeri (12-15) corrispondono alla facciata con semicolonne in laterizio. Il numero 16 segna la fine dell'itinerario. La profondità massima non supera i 6 mt., l'intero percorso è di circa 150 mt e si effettua in circa 40/50 minuti.
RACCOMANDAZIONI: Si ricorda che è severamente vietato pulire, scavare, rimuovere o prelevare oggetti. Controlli saltuari saranno effettuati dalle forze dell'ordine e dal personale subacqueo della Soprintendenza. Si possono effettuare fotografie purché non siano a scopo di lucro.


La Villa a Protiro

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Di particolare interesse è il vasto bacino occidentale (m 80 x 110) utilizzato come approdo per i natanti di discrete dimensioni e protetto a sud da una doppia fila di piloni. Lo spezzone urbanistico prossimo al canale vede la sua emergenza più importante in una villa allungata per circa 120 metri sul fronte stradale. Preceduta da una fila di botteghe, la villa consta di due parti, una termale ed una residenziale, separate da un bacino rettangolare in comunicazione col mare ed ornato da statue, una delle quali (del tipo dell'Afrodite dei Giardini di Alcamene) è stata recentemente recuperata. L'ingresso a protiro era inquadrato da due lunghi sedili in muratura, oltrepassato il vestibolo (sul quale si affaccia l'ambiente dell'"ostiarius" o portinaio), si giunge nell'atrio dalle pareti rivestite di marmo, similmente agli ambienti adiacenti che, in diversi casi, erano pavimentati in mosaico. In un vano nell'angolo nord-orientale dell'atrio, è tuttora visibile un mosaico in bianco e nero ornato da una trama di esagoni. A sud dell'atrio si apre una vasta aula absidata (l'emiciclo sul fondo è ampio ben 10,37 m.), probabilmente estranea al progetto iniziale e simile, anche per il ricco rivestimento in grandi lastre marmoree, alle aule tardo-imperiali delle ricche "domus" ostiensi.
Il canale d'accesso al Lago Baiano merita una visita, non foss'altro che per la sua suggestiva imponenza. Oggi è quasi completamente insabbiato e giace tra gli 8 e i 6 metri di profondità. I due muraglioni che lo delimitano sono in opera cementizia spessa mediamente 8 metri: si può seguirli in tutta la loro lunghezza di circa 230 metri, fino alle testate occidentali arrotondate e in più punti si possono riconoscere i fori lasciati dai pali delle cassaforme entro le quali, forse agli inizi dell'età imperiale, si effettuò l'enorme gettata.

Tratto da "BAIA - Il Castello ed il Museo Archeologico" di Gennaro Di Fraia - Edizioni DUEGI


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